Skip to main content

numero collana


Diciotto galee templari salpano per una destinazione ignota.
Nessuna farà più ritorno.
Due secoli dopo, Spagna e Portogallo si contendono
le terre scoperte da Colombo.
Papa Borgia risolve il dissidio a favore della Spagna,
innescando i presupposti per un sanguinoso conflitto.
Il cardinal Martini dovrà trovare una soluzione,
decifrando l’animo dei contendenti
alla ricerca dei loro reali obiettivi,
districandosi fra illusioni e realtà.

2025

492

 9788868106508

22,00

Non ancora


Dove acquistare il libro

Sinossi

Costa atlantica, 12 ottobre 1307. Diciotto galee templari salpano dal porto di La Rochelle verso una destinazione ignota. La loro sorte è scritta nelle leggende.
Quasi 200 anni dopo, Cristoforo Colombo di rientro dal suo primo viaggio nelle Americhe, anziché affrettarsi a tornare dai Reali di Spagna, finanziatori dell’impresa, fa tappa a Lisbona e vi rimane per ben 10 giorni. Viene ricevuto dal re del Portogallo, Giovanni II (Dom João), il quale rivendica la proprietà delle terre scoperte. Gli spagnoli, allarmati da tali pretese, si rivolgono a Papa Borgia perché dirima la controversia, ma l’arbitrato del Pontefice, anziché sedare gli animi, li incendia.
Toccherà al cardinal Martini elaborare una difficile mediazione che eviti una sanguinosa lotta fratricida per la spartizione del mondo fra spagnoli e portoghesi.
Ma il cardinale sarà attore o marionetta? E le Terre di Mezzo saranno il vero obiettivo o la brama dell’uomo si espanderà senza confini?
La contesa coinvolgerà anche Francia e Venezia, ciascuna impegnata a trarre il proprio profitto, alimentando uno spartito di inganni e intrighi che ostacolerà l’opera mediatrice del cardinale.
E mentre i grandi si contendono il potere, Donna Luzia lotta per fuggire alla crudeltà del suo re. L’aiuteranno Francisco de Alvarado, un giovane notaio al seguito dell’ambasciatore spagnolo, e Miriam, serva fedele e generosa della nobildonna portoghese.

L'autore

Alessandro Bergonzini

Prologo

La Rochelle, costa atlantica, 13 ottobre A.D. 1307

Il giorno infausto era arrivato, ma le loro spie a corte erano riuscite ad avvisarli per tempo. Ciò che sospettavano, e temevano, era divenuto un’amara realtà.
E così si erano preparati ad affrontarla. Non avevano avuto molto preavviso, ma erano soldati ed erano abituati a reagire con rapidità, abilità, determinazione ed efficienza. Lo erano sempre stati nei loro quasi duecento anni di storia.
Non erano più poveri compagni d’armi e nonostante le immense ricchezze che avevano accumulato, non si erano crogiolati nell’ozio, bensì erano rimasti saldi alla loro bandiera, alla fede e ai princìpi che li avevano guidati in tutti quegli anni senza mai perdere di vista né l’addestramento, né la disciplina militare.
Ogni loro movimento era quindi pianificato e studiato nei minimi dettagli, avevano preso in esame ogni possibile imprevisto e avevano gestito quella fuga, per quanto precipitosa, con una capacità logistica fuori dall’ordinario.
Purtroppo, per alcuni confratelli la via non sarebbe stata quella dell’esilio, ma del sacrificio. Si sarebbero immolati, come i tanti compagni che li avevano preceduti nel corso del tempo, in battaglie e missioni nelle quali avevano consapevolmente messo a rischio la vita, perdendo quella terrena, per guadagnarsi quella eterna.
Il martirio di alcuni avrebbe però permesso agli altri la sopravvivenza, con un altro nome, in un altro luogo, preservando il vero tesoro, non tanto l’oro o l’argento, ma la sacralità, i documenti e le inestimabili conoscenze che tramandavano.
Riflettendoci meglio, più che una fuga, si trattava di un nuovo inizio e quel porto sull’Atlantico non era altro che il primo scalino di una rampa che li avrebbe condotti ancora più in alto.
I carri arrivarono in processione, incessantemente, scaricando fieno, casse e barili che vennero immediatamente issati a bordo delle navi assieme a cavalli, galline, conigli e altre scorte alimentari, tra le quali la preziosa acqua. I marinai lavorarono freneticamente sui ponti, armeggiando funi, vele e ingrassando gli argani. Gli ufficiali supervisionarono meticolosamente l’esecuzione degli ordini, ispezionarono le stive, contarono e ricontarono il carico, saltando dai ponti delle navi alle banchine, sollecitando i facchini e i manovratori delle gru a fare in fretta e, contemporaneamente, ingiungendo loro di prestare attenzione alla merce.
Le navi dovevano essere pronte a salpare con la marea. E lo furono, non avendo alternative, poiché di lì a qualche ora, i soldati del re li avrebbero arrestati e imprigionati tutti quanti.
Le diciotto galee, a pieno carico, salparono nei tempi previsti, con le vele al vento, orientate verso una rotta ignota.
I pochi confratelli che rimasero sulle banchine del porto, alcuni dei martiri, le seguirono con lo sguardo fiero sulle insegne sgargianti che svettavano dall’alto degli alberi maestri.
I loro volti non tradivano né angoscia per ciò che li attendeva, né malinconia, pur sapendo che non avrebbero mai più rivisto i loro confratelli. Erano soldati dal cuore saldo e lo sguardo severo.